Cento galline per un inno alla vita
Nasce istintivo, guardando la lunga teoria di galline dai colori vivaci, un sorriso. La rappresentazione naif degli animali da cortile che(si badi bene) crediamo di conoscere, sollecita nello spettatore, al primo impatto, un moto di divertimento, data l’apparentemente semplice lettura delle opere.
Ad una più approfondita osservazione è possibile apprezzare l’elevatissima tecnica di esecuzione: ogni gallina è unica, modellata da Francesca pastore con l’antichissima tecnica colombino che, usata solitamente per realizzare piatti e vasi, applicata ad oggetti di tali dimensioni risulta oltremodo complicata. Una volta cotta l’argilla, ogni gallina viene smaltata in alcune parti, sottoposta a una seconda cottura e, infine, ne viene completata la colorazione ad oli. Una lavorazione lunga., paziente, non esente da errori, che rispetta, in tutto e per tutto, i ritmi della Natura.
Della Natura ha i quattro elementi: terra, acqua, fuoco e aria, dai quali tutto ha origine e dai quali nasce la vita. Ed ecco che viene richiamato, nell’opera di Francesca Pastore, un altro archetipo essenziale: la Vita. E chi altri, meglio della gallina che produce l’uovo, simbolo della vita per tutte le culture ed oltre le religioni, può rappresentare tale meraviglioso dono? L’uovo, la cellula più grande, la forma perfetta, lo scrigno del futuro, un miracolo quotidiano che è apparso nell’arte fin dalla notte dei tempi: dalle uova preistoriche decorate a quelle rappresentate da Bosch e Piero della Francesca fino a Lucien Freud (solo per citarne alcuni).
Ma andiamo oltre, ogni gallina ha un suo sogno, visibile sulla sua pancia: una sogna dei bottoni, un’altra delle fragole, c’è chi sogna di essere altro e c’è chi sogna il mare ed i pesci; anche in questo caso, se ci si sofferma un’attimo ad osservare, si troveranno parole disperse in mare, o pesci catturati nelle reti…ed ecco nuovi spunti di riflessione… i pesci nella rete non siamo forse tutti noi?
Inglobati nella nostra condanna all’uniformità viviamo una vita che altri hanno scelto per noi, una vita alla quale solo i più coraggiosi hanno la forza di ribellarsi e, magari, di essere altro; e tutte quelle parole disperse in mare non rimandano alla tragedia di chi avrebbe potuto pronunciarle e non è riuscito, portandole con sé nel fondo degli abissi?
Ecco che le allegre, coloratissime galline che hanno acceso il nostro sorriso ora accendono il nostro cervello, lo costringono a ragionare, riflettere… ma i loro non sono messaggi di morte, ma messai di vita! ùEcco che torna splendidamente inevitabile, la vita, incontenibile e prorompente come i loro colori, la vita alla quale tutti, istintivamente, tendiamo (ecco che torna l’istinto, quello che guida gli animali e che ci ha dipinto un sorriso sul volto alla vista delle galline di Francesca) e che si impone malgrado tutto, malgrado noi.
Colore , segno, materia: elementi di un’opera d’arte nata per interagire con chi la guarda e che invita lo spettatore all’azione: sul filo rosso dei pensieri, che si stende lungo il percorso dove sono posizionate le galline, saranno stesi dei “panni” dove, chi vorrà, potrà intervenire con parole, segni, disegni. Il pensiero,anche in questo caso, si fa azione e messaggio, proprio come l’atto che esegue l’artista nel momento creativo.
Le galline di Francesca pastore sono un inno alla gioia, all’amore universale verso i nostri simili e verso il nostro pianeta, un invito a ritrovarci e ritrovare, se non vorremo perdere la nostra identità, quelle radici salde di valori universali condivisibili a tutte le latitudini. Con semplicità ed immediatezzam, l’apparente leggerezza scava nel profondo perché, come dice Calvino, bisogna “prendere la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle coste dell’alto, non avere macigni sul cuore”.
Benedetta Tintillini
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